di Luigi Asero
Olga Matei, 50 enne moldava, fu uccisa il 5 ottobre 2016 a Riccione, nel suo appartamento in viale Dante dal compagno con cui da appena un mese aveva una relazione. L’uomo, Michele Castaldo la strangolò, poi ingerì dei farmaci tentando (?) il suicidio, infine chiamò i Carabinieri confessando poi il delitto. Affrontò il processo di primo grado scegliendo di essere giudicato con il rito abbreviato, evitando così a priori la condanna all’ergastolo, e fu condannato a 30 anni di reclusione per omicidio aggravato dai motivi abietti e futili.
Lo scorso novembre, in Appello a Bologna, il pm chiese la conferma della sentenza ma la Corte ha ridotto la condanna a 16 anni di reclusione (24 anni ridotti di un terzo proprio per la scelta del rito abbreviato), concedendo le attenuanti generiche.
Evoca scandalo adesso il deposito della sentenza dove è spiegato nero su bianco che la decisione arriva innanzitutto dalla confessione dell’assassino e inoltre dal fatto che la gelosia provata dall’imputato al momento del crimine che secondo una perizia psichiatrica fu determinato nel compimento del delitto da una “soverchiante tempesta emotiva e passionale” derivante dalle “poco felici esperienze di vita” che avrebbero influito sul tragico gesto.
Il “raptus” diventa quindi “tempesta emotiva”, il “femminicidio” è poco più di quel che fino agli anni ’70 era un “delitto d’onore”. Tipologia di delitto che si riteneva definitivamente estinto con la L. 442 del 10 agosto 1981. La civiltà moderna è servita. Per sentenza.